La Demenza: conoscere la malattia e saperla affrontare
La demenza è una malattia che si contraddistingue per il deterioramento della memoria e di almeno un’altra funzione cognitiva (linguaggio, attività motorie, la capacità a riconoscere gli oggetti e le persone, l’orientamento spazio-temporale, la capacità di ragionamento). Può avvenire una degenerazione anche dell’affettività e della emotività con la comparsa di depressione, ansia e angoscia e la comparsa di disturbi comportamentali quali aggressività, agitazione, reazioni paranoiche, apatia.
Il deterioramento interferisce con le attività sociali, lavorative e di relazione del malato e provoca un declino delle sue capacità.
La prevalenza della patologia, cioè il numero di persone che ne sono affette, è molto elevata nei soggetti con più di sessantacinque anni. Ma contrariamente al pensiero comune, la demenza non è una conseguenza inesorabile dell’invecchiamento.
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E’ quello che accade nel cervello delle persone colpite da Demenza che attraverserà alcuni stadi prestabiliti anche se non sono chiaramente definiti e spesso si sovrappongono. Compiti che a noi sembrano semplici possono apparire difficili alle persone affette da questa malattia.
Esistono diverse forme di demenza, la più frequente è la malattia di Alzheimer, che riguarda il 50% dei casi.
Si tratta di una malattia progressiva che prende il nome da Alois Alzheimer, il neuropsichiatra tedesco che nel 1906 descrisse per primo la malattia.
La seconda in ordine di frequenza è la demenza vascolare, dovuta all’arteriosclerosi cerebrale ed in particolare a lesioni cerebrali multiple provocate dall’interruzione del flusso di sangue (lesioni ischemiche). È importante sottolineare che questa forma di demenza può essere prevenuta attraverso un corretto controllo dei fattori di rischio, in particolare ipertensione arteriosa e diabete.
La maggior parte delle demenze è di tipo irreversibile. Queste si distinguono in forme primarie e secondarie. Le forme primarie sono di tipo degenerativo e includono la demenza di Alzheimer, quella Fronto-Temporale e quella a Corpi di Lewy. Fra le forme secondarie la più frequente è quella Vascolare. Le demenze irreversibili, a livello sintomatologico, sia nella fase iniziale sia parzialmente in quella intermedia, sono ben caratterizzate e distinguibili tra loro. Nella fase avanzata le differenze si assottigliano fino a scomparire del tutto.
È di fondamentale importanza rivolgersi al medico quando si manifestano le prime avvisaglie di un deterioramento cognitivo; per avvistare i primi segni della malattia l’American Alzheimer Association nel 2005 ha pubblicato i 10 campanelli di allarme per la malattia di Alzheimer:
- la persona va spesso in confusione ed ha dei vuoti di memoria;
- non riesce più a fare le cose di tutti i giorni;
- fatica a trovare le parole giuste;
- dà l’impressione di aver perso il senso dell’orientamento;
- indossa un abito sopra l’altro come se non sapesse vestirsi;
- ha grossi problemi con i soldi e con i calcoli;
- ripone gli oggetti nei posti più strani;
- ha improvvisi ed immotivati sbalzi di umore;
- non ha più il carattere di un tempo;
- ha sempre meno interessi e spirito di iniziativa.
Chi si rende conto che sono suonati, per sé o per un parente, almeno quattro campanelli d’allarme, è bene che ne parli con il medico di famiglia. Questi, rilevato il peso dei sintomi e delle paure, potrà indirizzare ad un centro specialistico (Unità di Valutazione Alzheimer – UVA).
Il percorso diagnostico dell’UVA si basa su:
- colloquio con il presunto malato e con un familiare (anamnesi);
- visita medica;
- esami del sangue;
- esami strumentali (TAC, Risonanza Magnetica-RM, Tomografia con emissione di positroni-PET);
- Test neuropsicologici.
Può succedere che al termine di questo iter il medico non sia ancora in grado di formulare una diagnosi precisa, ma che proponga di tornare dopo alcuni mesi per una rivalutazione. Ciò non deve creare ansie ed incomprensioni; può infatti succedere che la diagnosi di malattia si possa formulare solo paragonando i risultati a distanza di tempo. La malattia si presenta in modo differente nel corso degli anni e l’evoluzione può essere diversa da caso a caso; dura mediamente 7-12 anni, con ampia variabilità individuale (dai 2 ai 20 anni).
La vera causa della malattia non è del tutto nota, nonostante ciò le conoscenze attuali ritengono che la malattia è dovuta ad una diffusa distruzione dei neuroni, causata principalmente dalla betaamiloide, una proteina che si deposita tra i neuroni e agisce come una specie di collante, formando delle placche anomale. La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello, sostanza necessaria per la memoria ma anche per le attività quotidiane e le relazioni sociali.
Il disturbo della memoria, nella demenza di Alzheimer, costituisce il primo sintomo della malattia a manifestarsi rispetto ad altri che coinvolgono il linguaggio o la capacità di ragionamento.
Dimenticarsi un nome, un impegno o una scadenza può essere normale ma se tale dimenticanza diventa frequente o un’ inspiegabile confusione mentale, bisogna prestare attenzione.
I malati di Alzheimer hanno problemi nella memoria a breve termine ma non quella a lungo termine: non hanno difficoltà a ricordare eventi del passato ma dimenticano cose successe cinque minuti prima.
Si ha una perdita anche della memoria procedurale, ossia quella di come si fanno le cose, di come si usano gli oggetti: questo rende difficili delle attività quotidiane come lavarsi, vestirsi, cucinare.
Il primo sintomo, quindi, è generalmente una lieve perdita della capacità di ricordare avvenimenti o fatti recenti, che progredisce gradualmente ed alla quale si associano ad alterazioni della personalità e deficit di altre funzioni cognitive (quelle che seguono).
2. DISORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE
Questo sintomo è dovuto alla difficoltà che i pazienti con malattia di Alzheimer manifestano nel collocare gli oggetti nello spazio e nell’avere una visione unitaria di ciò che li circonda. Il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, non sapere dove si trova e come a fatto ad arrivare lì.
3. PROBLEMI DEL LINGUAGGIO (AFASIA)
In alcuni casi la malattia si manifesta con una difficoltà nella denominazione degli oggetti oppure con un impoverimento del linguaggio ed il ricorso a frasi stereotipate. Il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con altre improprie ( ad esempio “zuccotto” invece di “cappotto”), rendendo difficile la comprensione di quello che dice. La comprensione può risultare ancor più problematica se si accompagna a ecololalia, ossia la ripetizione involontaria di parole o frasi dette da altre persone.
4. DIFFICOLTA’ DI MOVIMENTO (APRASSIA)
Il malato può perdere la capacità di compiere atti volontari e finalizzati, pur essendo integra la funzione motoria, ossia può ad esempio non essere capace di accendere la televisione, aprire la porta o allacciarsi le scarpe.
5. DIFFICOLTA’ DI RICONOSCIMENTO (AGNOSIA)
si può manifestare una perdita della capacità di riconoscere gli oggetti e il loro uso: ad esempio il malato può usare il cucchiaio al posto della forchetta. Può venir meno anche la capacità di riconoscere le persone non a causa dei problemi di memoria ma della mancata elaborazione del cervello dell’identità di questa persona in base alle informazioni che la vista fornisce: ad esempio può non riconoscere un figlio, scambiandolo per un estraneo.
6. DIFFICOLTA’ NEL PENSIERO ASTRATTO
Il pensiero astratto, ossia la capacità di eseguire ragionamenti, risulta impoverito: per il malato riconoscere numeri o eseguire calcoli può diventare impossibile. La capacità di giudizio diminuisce spesso precocemente, cosicché il paziente manifesta un ridotto rendimento lavorativo e può essere incapace di affrontare e risolvere problemi anche semplici relativi ai rapporti interpersonali o familiari. Il malato può ad esempio vestirsi in maniera inappropriata , indossando ad esempio due giacche in estate.
7. LA DEPRESSIONE
Uno dei sintomi che più frequentemente accompagnano il disturbo della memoria è la depressione. Talvolta questa deriva dalla consapevolezza di non essere più all’altezza della situazione e di dover dipendere da altri nell’esecuzione di compiti o attività consuete.
8. I CAMBIAMENTI DI PERSONALITA’
Sono comuni nei malati di Alzheimer cambiamenti di umore bruschi e frequenti: una persona educata, tranquilla, amichevole può trasformarsi in una persona al quanto aggressiva, irascibile, sospettosa o diffidente. Spesso, soprattutto negli anziani, compare apatia; il paziente perde interesse per l’ambiente e per gli altri, richiudendosi in se stesso.
9. I DISTURBI COMPORTAMENTALI
Accanto alla depressione, altri sintomi possono accompagnarsi alla demenza. Fra i più frequenti troviamo l’agitazione, la paura di essere derubati, la sospettosità, i sentimenti d’abbandono, gli episodi di esplosione verbale, il pianto immotivato, l’incontinenza o la violenza. I disturbi del sonno rivestono grande importanza, anche perché determinano uno stress notevole nei familiari. Il paziente di notte è insonne e vaga per la casa o per l’ospedale; altre volte si sveglia in piena notte e ritiene sia ora di pranzare o di andare a fare una passeggiata.
Si assiste al deterioramento della funzioni relazionali più complesse nelle quali è maggiore la competenza cognitiva (sono le cosiddette funzioni strumentali) quali gestire le finanze, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed i farmaci. In questa fase il paziente può essere ignaro ed inconsapevole dei propri disturbi; sono i familiari che notano per primi un comportamento “strano”. I sintomi iniziali dell’Alzheimer sono spesso attribuiti all’invecchiamento, allo stress oppure a depressione. L’anziano può presentare modificazioni del carattere, essere meno interessato ai propri hobby o al proprio lavoro, oppure essere ripetitivo. Talvolta l’inizio della malattia è contrassegnato dalla sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose che il malato non sa trovare. Altre volte ancora la malattia può iniziare in seguito ad un trauma automobilistico, oppure manifestarsi durante un ricovero ospedaliero o nei giorni che seguono un intervento chirurgico. Spesso i familiari tendono ad attribuire ad un evento, un trauma o un intervento chirurgico, la causa della malattia. In realtà queste evenienze costituiscono, nel caso della malattia di Alzheimer, eventi stressanti che rendono evidente e manifesta una malattia cerebrale già presente.
Nella grande maggioranza dei casi, solo a distanza di 1-2 anni dall’esordio della malattia il disturbo della memoria è tale che i familiari ricorrono all’aiuto di uno specialista.
Il malato diventa incapace di apprendere nuove informazioni, spesso si perde, anche in ambienti a lui familiari.
La memoria remota (a lungo termine) è compromessa, ma non totalmente persa. Il malato può richiedere assistenza nelle attività di base della vita quotidiana (quali lavarsi, vestirsi, alimentarsi, ecc.); generalmente è in grado di deambulare (a rischio di cadute), ed alimentarsi autonomamente. Il comportamento diviene ulteriormente compromesso; abitualmente è presente un completo disorientamento spazio-temporale.
Nelle fasi avanzate della malattia di Alzheimer il malato è incapace di camminare e di svolgere qualsiasi attività della vita quotidiana. La memoria, sia recente che remota, è totalmente persa ed il paziente può divenire muto ed incapace di deambulare. Si manifesta difficoltà nella deglutizione e può essere necessario alimentare il paziente artificialmente; diviene incontinente. Il rischio di complicanze, quali malnutrizione, disidratazione, malattie infettive (polmoniti soprattutto), piaghe da decubito diviene elevato, compromettendo ulteriormente
lo stato funzionale e possono risultare fatali al paziente. La malattia può avere un decorso variabile e sono state descritte sopravvivenze dai 2 ai 20 anni, con una media di circa 10-12 anni.
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Bella iniziativa! Complimenti!